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SACRA FAMIGLIA di Vincenzo Ruggiero Perrino Episodio 7

SACRA FAMIGLIA

di Vincenzo Ruggiero Perrino

 

 

Episodio 7

Nazareth, anno 1 a. C.

Oggi la giornata è di quelle un po’ uggiose, né troppo brutta per restare in casa a fare i compiti (per i quali già normalmente la voglia è poca, figurarsi quando nemmeno il tempo invoglia a ripetere le regole della grammatica greca!), né abbastanza bella per voler andare a chiamare tutti gli amici e giocare in riva al lago.

“Che fare?”, s’era chiesto una mezz’oretta prima Giovanni, decidendo di recarsi a casa dagli zii, e condividere con il cugino Gesù la monotonia di quel giorno.

Giuntovi, trova Gesù in giardino.

«Ciao, cugino!», lo saluta.

«Ciao, Giovanni», ricambia sorridente l’altro, mentre sta armeggiando con una canna di bambù.

«Ma tu sei sempre di buon umore, sia che ci sia il sole sia che piova, sia che ci sia un tempo triste come questo?».

«Sì, perché?».

«A me questo tempo mi toglie tutta la voglia di fare qualcosa… qualsiasi cosa».

«Che volevi fare?».

«Boh, non lo so!».

«Poi, ti chiamo “testone” e ti lamenti!», dice Gesù, scoppiando a ridere.

«Non sono un testone!».

«Sì che lo sei! Prima dici che questo tempo ti toglie la voglia di fare qualsiasi cosa; ti chiedo “che vuoi fare?” e mi rispondi che non lo sai; quindi: che voglia ti ha mai potuto togliere questo tempo, se non avevi voglia di fare niente di preciso?».

«Mamma mia, quando fai il filosofo non ti sopporto!», conclude Giovanni.

«Andiamo a farci un giro, testone!», propone Gesù, «magari gironzolando troviamo qualcosa di intelligente da fare». E, afferrata quella lunga canna di bambù, la agita come fosse una specie di spada.

«Devi portarti dietro quella cosa?».

«Sì, potrebbe servire».

«A cosa?… No, non me lo dire… Preferisco non saperlo».

Così, dato un cenno a Maria che è in casa, intenta alle quotidiane faccende, alle quali qualsiasi sia il tempo bisogna comunque provvedere, i due cugini cominciano la loro passeggiata.

Mentre camminano, Giovanni di tanto in tanto alza gli occhi al cielo, nella speranza che quella spessa coltre di grigie nuvole si sia un po’ diradata rispetto allo sguardo di qualche minuto prima.

«Se guardi ogni due minuti per vedere se le nuvole sono andate via, non otterrai altro che farti venire il torcicollo».

«Credo che tu abbia ragione», ammette Giovanni, nel momento in cui giungono al centro del paese, dove, nonostante il maltempo, c’è un certo via vai di gente.

«Eccoci», dice Gesù.

«Non mi aspettavo tante persone!», esclama il cugino.

«Perché sei un testone e non mi dai mai retta!», e detto questo, Gesù, dato un colpo dietro la testa del cugino, comincia a scappare avanti.

Quell’altro comincia a corrergli dietro, finché non vanno entrambi a sbattere contro un ragazzino, finendo tutti e tre a terra.

«Ehi, ti sei fatto male?», chiede a Gesù quell’altro, che si è subito rialzato da terra, e gli sta tendendo la mano per aiutarlo a mettersi in piedi. È un ragazzo più o meno della loro stessa età; vestito in maniera molto raffinata; e ha l’aria assorta.

«Non è niente», replica lui, stringendo la mano e alzandosi a sua volta.

Giovanni invece resta riverso a terra ed annuncia: «Oh no, non vi preoccupate per me, non mi sono fatto nulla!».

«Su, testone, non fare la commedia con noi… Thalita cum!».

«Eh?», fa quello, che evidentemente non ha capito l’espressione greca.

L’altro ragazzino, che invece ha capito bene, scoppia a ridere. Giovanni, rialzandosi, fa l’offeso: «Mi state prendendo in giro per caso?».

«Ma no! Ti ha solo detto in greco, “ragazza, alzati”!», fa il nuovo amico.

«Come “ragazza”?».

«Eh sì, sembri una femminuccia, il tempo è brutto e ti lamenti, cadi per terra, peraltro senza farti niente, e ti lamenti, perciò…», dice Gesù, comunque sorridendo bonariamente.

«Ma… ma…».

«Forza, Giovanni, forza! Dai, poi tra una trentina di anni anche questa cosa ti sarà più chiara…».

«Oh, ci risiamo con quella frase!».

«Che frase?», chiede l’altro.

«Mio cugino, quando non ha di meglio da dire, dice che tra una trentina di anni le cose saranno più chiare…».

«Ehi, ma non ci siamo nemmeno presentati. Io sono Ismael».

«Io mi chiamo Gesù».

«E io Giovanni».

«Dunque, tu dici che tra una trentina di anni le cose saranno più chiare», dice Ismael, aggiungendo dopo un attimo di riflessione: «Mi sembra una considerazione sensata».

«Eccone un altro!», commenta Giovanni.

«Dove stavate andando?», continua Ismael.

«Ci annoiavamo a casa con questo tempo, e siamo usciti a fare un giro. Tu, invece?».

«Pensavo ad alcune cose che ci ha detto un rabbino qualche giorno fa a scuola».

I due cugini restano stupiti della risposta data dall’altro.

«Riguardo a cosa?», chiede Giovanni.

«A come fare per avere la vita eterna».

Gesù e Giovanni si scambiano un’occhiata di intesa. Poi, il primo prende la parola: «Beh, tu conosci i comandamenti: non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».

Ismael annuisce con la testa. Poi, dice: «Tutte queste cose le osservo fin d’ora».

Allora Gesù gli dice: «Mi sembra che tu sia sulla buona strada, allora».

«Tuttavia, a volte mi sembra che manchi ancora qualcosa».

È quindi Giovanni a interrogarlo: «Cosa?».

«Se lo sapessi non starei a rifletterci, ti pare?».

Gesù conclude: «Io credo che per ora sia un po’ presto per preoccuparti di queste cose. Continua, piuttosto, ad osservare, come già fai, i comandamenti. Poi, tra una trentina d’anni si vedrà…».

«Ancora con questa storia?», riprende Giovanni.

«Dai, Giovanni, però ha ragione lui: da grande forse capirò!», dice Ismael.

In quella, un tuono squarcia la conversazione.

«Ragazzi, mi sa che sta per venire giù la pioggia».

Gesù alza gli occhi al cielo e si associa alla preoccupazione di Ismael, il quale un attimo dopo è raggiunto da due servitori, venuti per condurlo a casa.

«Padroncino, tuo padre e tua madre ci hanno mandati per riaccompagnarti a casa».

«Sì, eccomi», dice lui; poi rivolto ai due nuovi amici: «Volete venire a casa mia? Mio padre possiede molti beni e potremo divertirci quanto ci pare».

«Verremo, ma non ora, che bisogna tornare a casa», risponde Gesù.

«E quando?», incalza Ismael.

«Tra una trentina d’anni», è la risposta di Giovanni, che anticipa tutti, suscitando una generale risata.

Dopo i saluti, i due cugini riprendono la strada per rientrare.

«Ismael dev’essere molto ricco», commenta Giovanni.

«Già. Ma a volte quelli che possiedono molti beni si lasciano dominare da essi e perdono di vista il senso vero della vita e delle cose. Non è difficile che, per tutelare i propri averi, si finisca per smarrire il proprio essere… Cioè, non è questione di quanto si ha, ma di come lo si usa. Anche un povero può lasciarsi dominare dal poco che possiede!».

«Come parli difficile!».

«Tra trent’anni imparerò a spiegare meglio questi concetti. Avevo pensato di inventarmi delle storielle, così che anche un testone come te possa capire cose facili facili come questa che ho appena spiegato!».

Un altro tuono esplode in cielo, seguito un attimo dopo da una pioggia battente.

«Sbrighiamoci, o ci bagneremo», propone Giovanni, invitando l’altro a correre.

«No, aspetta. Prendimi due foglie larghe da quella pianta», dice Gesù, iniziando a manovrare la canna di bambù che si era portato dietro da casa.

«Ma ti pare il momento?».

«Dammi ascolto, prendimi due foglie larghe da quella pianta».

Giovanni fa un’espressione del tipo “contento tu di bagnarti”, e poi gli prende le foglie; Gesù, che aveva preparato la canna intagliandola in una strana forma con dei gancetti e dei bracci ad un’estremità, applica le foglie ai ganci; controlla che tutto stia a posto, e poi, mimando una musichetta da parata militare, esclama:

«Taa daa!».

Giovanni non comprende tanta esultanza, almeno fin quando Gesù, alzatosi quello strano aggeggio sulla testa, gli mostra a cosa serva, e cioè a ripararsi dalla pioggia! E subito, Giovanni, si mette anch’egli sotto quell’aggeggio, in modo da non bagnarsi.

«Cioè, hai costruito un coso per riparare le persone dalla pioggia?».

«Sì!».

«È una bella invenzione! Bisogna trovargli un nome però!».

«Beh, vedi queste stecche alle quali ho applicato le foglie? Sembrano raggi di sole, no?  Allora stavo pensando di chiamarlo “raggiera”», dice Gesù.

«Uhm, non è un granché… Vabbè, poi al nome ci si pensa».

Cammina cammina, giungono quasi verso casa, comodamente riparati dalla “raggiera”, continuando a conversare.

«Pensi che Ismael riuscirà a capire cosa gli manca?», chiede Giovanni.

«Di sicuro non smetterà di interrogarsi per i prossimi trent’anni. Del resto è una bella persona, onesta e rispettosa».

«Tanto, poi tra trent’anni capiremo!», esclama Giovanni.

«Esatto».

«Sai mai che anche noi saremo diventati ricchi vendendo questa tua invenzione nei giorni di pioggia?».

«Ma noi siamo già ricchi, Giovanni».

Giovanni si prende un attimo per riflettere, e poi, abbraccia il cugino e gli dice: «Sì, è vero, non ci manca niente e siamo sempre felici – tranne che per il greco a scuola».

«Ecco, bravo!», conclude Gesù, mentre ormai la pioggia ha finito di cadere.