SACRA FAMIGLIA
di Vincenzo Ruggiero Perrino
Episodio 18
Sepphoris, anno 1 a. C.
Stamattina Gesù è andato a Sepphoris con Giuseppe. A differenza delle altre volte che ha accompagnato il padre nella città in cui egli è impiegato, non è rimasto al cantiere, ma è andato a fare visita ai nonni materni che vivono proprio lì. Ha passato una piacevolissima giornata con Gioacchino ed Anna; poi, dopo pranzo, ha salutato i due e si è incamminato verso il teatro della città dove Giuseppe sta lavorando. Così, insieme padre e figlio torneranno a casa.
Gesù passeggia per strada guardandosi intorno: Erode aveva deciso di ricostruire Sepphoris imitando lo stile delle più belle capitali dell’impero romano. Del resto, tutti sapevano che il re non voleva inimicarsi i nuovi padroni della Palestina, e pensava che ricostruire una città – oltretutto distrutta proprio dai romani – secondo le tecniche dei romani, era una buona idea.
Le case non assomigliavano per niente a quelle di Nazareth o degli altri piccoli villaggi dei dintorni: erano più grandi e meglio rifinite. Le persone erano vestite in maniera molto più sfarzosa. C’era un gran via vai di oratori, maestri, medici, dottori della legge, scribi. Insomma: a Sepphoris ci tenevano a mostrarsi più valenti che altrove. Gesù pensò che costoro ebrei lo erano ormai solo di nome, ma di fatto erano romani in tutto e per tutto!
Cammina cammina, il ragazzo nota un personaggio strano: indossa vesti più umili, ha i capelli lunghi e crespi, e cammina avanti e indietro sotto il portico di un palazzo. In una mano tiene un rotolo di pergamena tutto scarabocchiato con appunti; sembra che stia parlando da solo, agitando l’altra mano in aria.
Colpito da quel tipo Gesù gli si avvicina e lo saluta:
«Ciao!».
«Salute a te, ragazzo!», replica l’altro, dando l’impressione di essersi appena svegliato da un lungo sonno.
«Ti ho visto da lontano».
«Ti sarai chiesto “chi è quel matto che cammina e parla da solo”, giusto?».
«Beh non ho pensato proprio questo, ma mi ha incuriosito il tuo modo di fare. Qui tutti sembrano molto impegnati a mostrarsi migliori degli altri, nel vestire, nelle case, nelle proprie professioni. Tu invece mi sembri diverso dagli abitanti che finora ho incrociato per strada».
«Ti ringrazio, ragazzo! Io sono un filosofo. A differenza dei miei concittadini non mi curo del lusso, della ricchezza, o della gloria. A me interessa rispondere alle domande importanti della vita: cos’è l’uomo? Qual è il suo fine? Cosa vuole da noi il cielo?».
«Il tuo accento ti tradisce. Tu non sei giudeo, vero?».
«Sono giudeo, ma per molti anni sono stato ad Atene a studiare presso un importante maestro di filosofia. Quindi il mio accento è stato influenzato da un’altra parlata».
«Il maestro a scuola ci ha spiegato che la Grecia è la patria di tanti filosofi».
«Ha detto bene. E, come ti dicevo poc’anzi, i filosofi sono diversi da tutti gli altri».
«Sembra che tu sia orgoglioso di essere diverso dagli altri!».
«E infatti lo sono!».
«Perché?».
I due si siedono su una panca di legno che è sotto il porticato in modo da poter chiacchierare tranquillamente. Così, il filosofo risponde alla domanda di Gesù:
«Tu hai visto tutti queste persone che correvano dietro ai loro affari e alle loro cose materiali. Io invece mi disinteresso di queste cose, e mi concentro sul pensiero, sulle parole, cercando di comprendere i grandi misteri della vita».
«E sei riuscito a comprenderne qualcuno?».
«Finora no», replica quello con un’aria un po’ triste.
«Non sarà perché in fondo non c’è alcun grande mistero da scoprire?».
L’uomo sussulta ed esclama:
«Tu non sai quel che dici ragazzo!».
Gesù sorride e continua:
«Io penso che tu corra dietro ad un mistero che non c’è. Cosa può esserci di misterioso nella vita? Piuttosto che farsi tante domande, bisognerebbe che tu la vivessi la vita!».
«Quindi, secondo te, io sono nel torto e gli altri nel giusto, vivendo la loro vita di dissolutezze?».
«Non ho mica detto questo! È evidente che inseguire i beni materiali, il lusso, la ricchezza, la gloria, il potere, sono comportamenti che facilmente possono portare l’uomo fuori strada».
«Oh, almeno su questo punto siamo d’accordo!».
«Sì, ma anche condurre una vita isolata, addirittura facendosi vanto della propria solitudine, impiegando il proprio tempo a pensare a cose “misteriose”, che misteriose non sono, può portare l’uomo fuori strada».
«Io almeno una strada da percorrere la cerco gli altri no!».
«Il punto è proprio questo: la via è proprio la vita».
«Ragazzo mio, sei più complicato di me con le parole!».
«Ti spiego: tu pensi che la vita ti sia stata data per trovare una via e giungere alla verità, giusto?».
«Sì».
«Io credo che la vita sia la via che porta alla verità! Non ci sono altre vie, se non quella di vivere la vita per giungere alla verità».
«Ragazzo mio, le tue parole sono ricche di un senso nuovo».
«Le mie parole sono ricche del loro vero senso, un senso antico. Il problema è che le vostre parole sono spesso prive di un vero significato, perché le avete consumate usandole in maniera eccessiva e spesso inconsapevole. Per dire cose nuove, avete bisogno di rigenerare le vostre parole. Dovete restituire loro il senso che è loro proprio. Tu sai cos’è la manomissione?».
«Se non sbaglio è un termine giuridico dei romani».
«Esatto, è la pratica giuridica con cui il padrone rende finalmente la libertà al suo schiavo».
«E cosa c’entra?».
«Se vuoi veramente che la tua vita sia la via che ti porta alla verità, almeno “manometti” le tue antiche parole: rendile nuovamente libere di significare qualcosa».
«Non è semplice!».
«No, non lo è, perché per fare questo devi essere libero nella testa e soprattutto nel cuore».
«Ma qual è la strada da seguire? Come bisogna comportarci verso gli altri e verso il cielo?».
«Questa è una domanda intelligente! La risposta è scritta nella Legge».
«La Legge è piena di precetti e di regole, che nessuno segue se non per farsi bello agli occhi degli altri e per criticare le manchevolezze degli altri, senza nessuno spirito di autenticità!».
«E ci risiamo con le critiche agli altri. Pensa per te, piuttosto che pensare agli altri…».
«Alla fine se presti attenzione alle cose che sono scritte nella legge, tutto è riconducibile ad appena due regoline semplici semplici».
«Sentiamole», fa quello un po’ incredulo.
«La via da seguire nella vita, per giungere alla verità, è amare gli altri come si ama se stesso e amare Dio come si ama se stessi. Facile no?».
«Ma tu sei un ragazzino… Come fai a sapere queste cose? Io dopo anni di studio non ero mai arrivato ad un conclusione del genere!», esclama il filosofo, stupito da tanta intelligenza.
«Basta leggere ciò che è scritto da secoli. Se io non amo essere derubato, ingiuriato, ucciso, è chiaro che nemmeno un altro amerebbe essere derubato, ingiuriato o ucciso. Quindi se io non voglio che lo si faccia a me, nemmeno lo devo fare ad un altro! E così è per quel che riguarda Dio…».
Il filosofo abbassa la testa, pensieroso. Poi, dici quasi come un sussurro: «Infatti, bastava solo leggere ciò che è scritto, invece di perdere tanto tempo a pensare e a riflettere… Avrei dovuto vivere!».
«Su, su, niente è perduto. L’importante è che ora è tutto chiaro!», dice Gesù, sorridendo candidamente.
Segue un lungo momento di silenzio. Il filosofo guarda Gesù negli occhi. Alla fine si alza in piedi ed esclama:
«Grazie, ragazzo mio! Ho imparato più cose da te in mezz’ora, che in tanti anni spesi alla scuola di filosofia ad Atene… E non so nemmeno come ti chiami!».
«Gesù».
«Bene, credo che in futuro sentirò parlare di Gesù come del più grande filosofo di tutti i tempi».
«Ma io non diventerò un filosofo…».
«Non mi dirai che vuoi diventare un avvocato o un affarista».
«No, diciamo che in un certo senso quello che farò avrà a che vedere con via, verità e vita…».
«Non sono sicuro di aver capito…».
«Tranquillo, amico mio, tutte queste cose ti saranno molto più chiare tra una trentina di anni…».
[giugno 2017]