Category : Pastorale Digitale 2.0

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Bilancia pesa persone da Accuweight – LA NOSTRA RECENSIONE!

Oggi sotto la nostra lente c’è uno strumento che può risultarvi utile dopo le cene natalizie, si tratta di una bilancia in vetro temperato con varie unità di peso realizzata da Accuweight.

Vediamola nella nostra recensione!

La bilancia ci arriva all’interno di una scatola che riporta un’immagine stilizzata del prodotto contenuto. Il prodotto è alto circa 6 millimetri e porta le dimensioni di 31 x 31 x 1.8 cm!

Superiormente troviamo una superficie in vetro temperato molto resistente, sulla stessa superficie troviamo un display di 3.5″ che riporta il peso calcolato nero su bianco! Nella parte sottostante troviamo uno switch che ci fa scegliere l’unità di misura da utilizzare tra lb, kg, st. Il calcolo del peso avviene in modo veloce e perfetto, questo grazie a quattro sensori presenti su tutta la superficie. La bilancia resta molto stabile sul pavimento grazie a quattro gommini posti al di sotto!

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Conclusione

Prodotto promosso a pieni voti, sia per quanto riguarda il design sobrio ed elegante che per il funzionamento. Potete acquistarla su Amazon al prezzo di €19,99


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Microfono a condensatore da Aukey – LA NOSTRA RECENSIONE!

L’ormai famosa Aukey ha realizzato un microfono a condensatore da studio, ma è davvero adatto per uno studio di registrazione? Mh, scopriamolo!

Confezione e contenuto

La confezione è la solita di Aukey, al suo interno troviamo vari strumenti e filtri, come il cavalletto e strumenti per il supporto(asta in metallo, estensione massima di 70 cm – morsetto da tavolo), il filtro antipop, la spugna anti vento e il cavo audio. Tutti gli accessori sono di buona fattura.71bhaxordl-_sl1500_

Design e materiali

Il prodotto risulta davvero molto bello sia da vedere che da toccare grazie alla buona scelta dei colori e all’alluminio che fornisce un effetto premium al microfono. La parte superiore è interamente in colore oro mentre la parte sottostante in un nero quasi satinato, il peso è di 1.5 kg per dimensioni pari a 49 x 20,5 x 9 cm.71vchzqlrgl-_sl1500_

Funzionamento

Per iniziare ad usare il microfono di Aukey bisogna collegare il cavo audio al nostro pc o strumento di registrazione, il tutto avviene senza alcun problema di sorta; suggerisco però di impostare il microfono Aukey come strumento di registrazione predefinito nelle impostazioni audio.61aowrj5wyl-_sl1500_

Tra le caratteristiche tecniche di questo microfono troviamo una gamma di frequenza di 20Hz – 20KHz e una sensibilità di -32dB +- 3dB.

L’audio viene recepito abbastanza bene, non mancano però dei piccoli fruscii in sottofondo nonostante l’applicazione dei due filtri in dotazione, il volume è nella norma anche se da Aukey mi aspettavo qualcosina in più! La voce risulta comunque ben scandita così come i suoni esterni, per un utilizzo ottimale dell’apparecchio consiglio di installare i driver relativi alla nostra scheda audio così da giocare con le impostazioni per migliorare il suono, che inizialmente almeno nel mio caso sembrava metallizzato!71kpzsqeowl-_sl1500_

Conclusione

Essendo un microfono a condensatore e non a diaframma la resa sonora resta comunque eccellente sotto vari punti di vista, ma a mio modo di vedere questo microfono non può essere considerato ‘da studio’, bensì lo consiglio più come uso casalingo e adatto ad esempio a piccoli youtuber o per fare video chiamate!

Grazie al post produzione dell’audio lo stesso risulta eccellente, dunque ne consigliamo l’acquisto al prezzo su Amazon di €28,99.


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Powerbank Lumsing da 13400mAh by Lumsing – LA NOSTRA RECENSIONE!

L’ormai nota Lumsing ci porta un nuovo prodotto, si tratta di un powerbank dalle ottime caratteristiche e con ben 13400mAh da sprigionare!

All’interno della confezione troviamo oltre al prodotto il manuale ed un cavo per la ricarica con estremità USB Type-A e Micro-USB! La confezione è ovviamente la solita in cartone con trama a chiazze stilizzata Lumsing.615tokbzbzl-_sl1000_

Il corpo del powerbank misura 9,8 x 2,2 x 8 cm ed ha un peso di 268 g. Il peso è sicuramente influenzato dall’ottimo alluminio con cui la batteria è rivestita!

Abbiamo un bel colore nero che rilascia un ottimo feedback visivo ma anche tattile data l’ottima lavorazione del materiale! Superiormente e inferiormente troviamo delle linee in colore arancione pastello davvero molto molto belle! Nella Dock di ricarica in concomitanza della linea superiore troviamo un’uscita USB Type-A QC 3.0 e un’uscita USB-C, la stessa USB-C funziona anche da input insieme ad un’altro ingresso Micro-USB; non manca inoltre un flash azionabile tramite il pulsantino posto lateralmente! 51bx4utpval-_sl1000_La capienza dichiarata è quasi reale, siamo in grado di ricaricare il nostro smartphone più e più volte senza surriscaldamenti e gestendo intelligentemente l’erogazione grazie alla tecnologia Aipower. Consigliamo vivamente l’acquisto di questo prodotto, soprattutto al modico prezzo che si aggira intorno a €30.61yz4jpkwjl-_sl1000_


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Powerbank VIVIS da 20000mAh – LA NOSTRA RECENSIONE!

Solitamente recensiamo prodotti di case blasonate come Lumsing o Aukey, stavolta è stata Vivis a portarci un suo powerbank da ben 20000mAh, bello!

Confezione e contenuto

La confezione risulta essere molto grande così come il powerbank, sulla stessa è riportata un’immagine del prodotto con delle diciture che riportano alla casa produttrice. La dotazione è molto generosa, oltre al powerbank infatti troviamo due cavi (USB Type-A – Micro-USB), una pochette vellutata e un manuale di istruzioni!71cmrvsv6l-_sl1500_

Design e funzionamento

Il powerbank ha un design un po’ retro, con delle finiture in plastica che richiamano ad una finta pelle, nonostante ciò risulta essere molto bello sia da vedere che da tenere in mano nonostante il peso di 338g è una grandezza pari a 14,15 x 8,6 x 1,7 cm!

Superiormente troviamo una piastra sensibile al tocco per accendere il powerbank e i LED che indicano lo stato di carica residua della banca energetica Vivis. 81js2qsxpcl-_sl1500_Per accendere il powerbank bisogna effettuare uno slide sulla piastra tattile da sinistra verso destra, per spegnerlo l’inverso; la scelta di mettere questa modalità di accensione la trovo indubbiamente di originaria bellezza, dato che a livello di utilità perde e non poco!

La cornice laterale è in color oro, e sulla stessa sono presenti due USB in uscita (2.5A Max per ogni porta – Tecnologia iSmart) e due in entrata per la ricarica del powerbank stesso.

La capacità reale di questo powerbank è di circa 12000mAh, lo stesso si ricarica in circa 12 ore collegando un solo cavo mentre i tempi si riducono di 5 ore nel caso in cui andiamo a collegare due cavi in input (5V, 2A).71dmgdbdy3l-_sl1000_

Conclusione

Si tratta sicuramente di un bel prodotto, che punta molto sul fattore estetico! Lo consigliamo a tutti coloro che cercano un compagno d’avventure. Potete acquistarlo su Amazon al prezzo di €29,99.


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Il Serpente Prudente – n. 13

n. 13 (12/12/2016)

“C’è ancora religione

Qualche giorno fa, convinto di potermi divertire fino alle lacrime, dato che il cast quello prometteva, ho visto l’ultima fatica cinematografica interpretata da Claudio Bisio, Angela Finocchiaro e Alessandro Gassman, intitolata Non c’è più religione.

Dico subito che il divertimento c’è stato, ma in misura alquanto modesta. E dico anche che la partenza del film autorizzava a pensare a ben altri sviluppi: un cartello all’inizio, con la scusa di invitare gli spettatori a spegnere o a silenziare i propri celluari (buona creanza che, escluso il sottoscritto, non ha praticamente nessuno), avvertiva che per ognuno di noi nascono 0,65 figli, ma ciascuno possiede 2,83 cellulari. Insomma, la natalità è assicurata dalla nascita dei figli degli immigrati.

La situazione non sembra fare né caldo né freddo a nessuno, considerato che basta guardare cinque minuti di televisione per vedere una decina di spot di promozioni e offerte di cellulari (più un’altra decina di pubblicità di nuove automobili), e niente che parli di figli o famiglie (escludendo le pubblicità di cioccolatini e merendine, che mostrano famiglie più false dei soldi del Monopoli).

A dirla tutta, i tanto vilipesi immigrati assicurano a noi altri tante altre cose: per esempio, a nostro esclusivo vantaggio fanno lavori, in condizioni che manco gli schiavi avrebbero tollerato, che la nostra mentalità piccolo borghese rifiuta addirittura di considerare lavori. Ci assicurano anche svago e divertimento: pensate che il tanto seguito campionato di calcio ha senso definirlo “italiano” solo perché si disputa nella gaia Penisola, ma per il resto è giocato per lo più da calciatori immigrati da altri Stati e Paesi (a suon di milioni di euro).

Comunque, l’esile commedia cinematografica, pur partendo dall’allarmante dato statistico di cui sopra, prende poi un’altra piega, che ne giustifica il titolo. La storia parte dall’organizzazione del presepe vivente su una piccola isola del Mediterraneo. Non nascendo più bambini su quell’isola – l’ultimo è ormai un adolescente grassottello che non entra più nella mangiatoia – il sindaco (Bisio), tornato a casa dopo una disastrosa carriera politica al Nord, deve escogitare una soluzione per trovare al più presto un neonato da mettere nella mangiatoia. Così, il politico fa di tutto per convincere Suor Marta (Finocchiaro) e gli altri isolani ad accettare l’offerta dalla comunità araba, che sta dall’altra parte dell’isola ed è capeggiata da Marietto (Gassman) convertitosi all’Islam per amore, di un loro bambino per il ruolo di Gesù neonato.

Gli arabi, pongono una serie di condizioni per il “prestito” del bimbo: vogliono che quelli dell’isola condividano con loro il Ramadan; vogliono usare la chiesa per pregare Allah; fino a organizzare il presepe secondo una presunta tradizione araba dettata nel Corano. Gli isolani, convinti dal loro politico (laico), accettano tutte le condizioni, pur di poter fare il presepe che attirerà folle di turisti e darà un po’ di respiro all’esangue economia locale. Ci sarà poi un finale (poco) sorprendente, che scompagina ulteriormente le premesse fin qui dette.

Il racconto del film ci dice sostanzialmente che: in nome del dio denaro si può addivenire a qualsiasi compromesso, anche per quel che riguarda la propria religione e le proprie tradizioni; chi si fa tramite di questi compromessi è sempre la politica; il popolo li accetta più o meno supinamente; nella maggior parte dei casi anche gli uomini e le donne di fede, per non apparire poco accoglienti rispetto a chi professa una religione diversa, si rendono disponibili a qualche “ritocco” del proprio credo, ibridandolo con quello dell’altro, in nome di una specie di religione universale del volemose bene. Allucinante, vero? Eppure è proprio quello che succede nella realtà di tutti i giorni!

Se da una commedia ci si poteva legittimamente aspettare una satira un po’ meno politically correct di questa situazione, il punto è che l’idea che si ha di dialogo interreligioso è assolutamente sbagliata. Dialogare non vuol dire “io detto le condizioni per farmi accettare da te”. Non è stato così nemmeno quando i predicatori andavano a convertire i popoli lontani, figuriamoci se può essere così ora! Invece, nella mentalità comune, che il film rispecchia con estrema fedeltà, il musulmano (ma il discorso vale per chiunque sia “diverso”, anche religiosamente parlando) viene per dettare le proprie regole, e noi, in nome di un bene migliore e superiore (legato in qualche modo sempre all’economia e al denaro), accettiamo.

Io credo che nemmeno i musulmani in particolare e gli immigranti in generale vogliano questo. Dialogare è innanzitutto conoscere: quanti di quelli che quotidianamente vogliono insegnarci la convivenza con gli stranieri, sanno veramente quello di cui parlano? Quanti hanno letto non dico il Corano, ma almeno qualche pezzetto di Vangelo? Soltanto ponendo alla base una sincera e autentica conoscenza dell’altro lo si potrà accettare, con i pregi e i difetti che lo caratterizzano.

Ovviamente la cosa deve essere reciproca: il cristiano deve conoscere il mondo del musulmano e viceversa, altrimenti il gioco non funziona e si ricade nei trabocchetti e nei ricattucci per scongiurare una presunta discriminazione religiosa. Quindi non è vero che “non c’è più religione”. Ce n’è, ma a patto di intendersi veramente sul senso di questa parola, che non è una svendita della propria storia e cultura, ma un modo per accogliere l’altro nel rispetto e nella conoscenza reciproca del proprio vissuto.

La polemica sull’immigrazione chiarisce bene cosa succede quando sparisce la politica: destra, sinistra, centro non hanno nessuna visione della società, nessuna idea, nessuna conoscenza, e dunque nessun vero programma. Sono caricature e null’altro, e costano pure un sacco di denaro. Allora tutto è rimesso al popolo: conoscere per capire; capire per apprezzare; apprezzare per convivere pacificamente, senza compromessi e ibridazioni.

Vincenzo Ruggiero Perrino

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Lettore CD esterno da Topop – LA NOSTRA RECENSIONE!

Avete un tablet o portatile che non ha l’ingresso per i CD? Niente paura, ci pensa Topop con il suo lettore esterno, scopriamolo insieme

Confezione e contenuto

Il prodotto ci arriva all’interno di una confezione con sopra riportata una bellissima immagine stilizzata del prodotto con delle diciture che richiamano al prodotto con badge della casa produttrice. All’interno oltre al lettore esterno troviamo due cavi da collegare dietro al prodotto, uno per l’alimentazione e l’altro per lo scambio dati!

Design e funzionamento

Il prodotto è interamente realizzato in alluminio, esso risulta molto bello seppur retrò sia da vedere che da toccare. Il lettore ha dimensioni pari a 19,8 x 18,4 x 3,3 cm per un peso complessivo di 399 g, questo si traduce in un’ottima portabilità. Al di sotto troviamo quattro gommini per evitare scivolamenti vari durante gli utilizzi, il lato superiore invece risulta pulito mentre frontalmente è presente lo slot dove inserire il nostro CD/DVD con annesso pulsante per l’apertura dello stesso; non manca a tal proposito un piccolo LED che ci va ad indicare l’accensione e la lettura dell’unità. Il funzionamento è abbastanza facile ed intuitivo essendo plug and play, infatti una volta collegati i due cavi USB al nostro PC non dovremo fare più nulla, il tutto inizierà a funzionare! La lettura del disco è abbastanza veloce, questo grazie alla tecnologia USB 2.0 che risulterà anche compatibile con le unità 1.0 e 3.0, qualsiasi OS viene supportato. Se vogliamo entrare più nel dettaglio abbiamo una velocità di lettura DVD di 8X, massima per i CD di 24X con Burn a 8X! Questa unità combo CD-RW supporta: DVD + R, DVD-R, CD-ROM, DVD-ROM, CD-R, CD-RW. 61sdx29jbwl-_sl1000_

Conclusione

Consigliamo l’acquisto di questo masterizzatore esterno, può risultare un utile compagno di viaggio nel caso in cui la nostra macchina non ne ha uno incluso. E se nel caso non si possiede una porta USB Type-A? Bhe, potete sempre utilizzare un HUB! Potete acquistare questo prodotto su Amazon al modico prezzo (rispetto alla concorrenza diretta) di €14,99


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Il Serpente Prudente – Sì… no… mah…

n. 12 (05/12/2016)

“Sì… no… mah…

Nel momento in cui scrivo, non si sa ancora se al referendum abbia vinto il sì o il no. Poco male. Come ho accennato in qualche puntata precedente, io penso che il desolante scenario, quotidianamente offertoci dalla nostra classe politica, fatta di personaggi veramente mediocri e imbarazzanti (ma tutto sommato degni rappresentanti della stragrande maggioranza degli italiani), cambierà molto poco sia nell’uno che nell’altro caso.

Partiamo da un punto fondamentale: la Costituzione del 1948 (già cambiata in molte sue parti in diverse occasioni – quindi perché tutto ‘sto scandalo adesso?) come del resto tutte le altre leggi ordinarie, i decreti, e tutti i tre poteri dello Stato funzionano bene, quando e se li si vuol far funzionare. Il problema non è quello che c’è scritto in una legge, ma chi lo scrive, e soprattutto chi poi dovrebbe osservarla quella legge. Che è il grosso problema degli italiani.

L’ipocrita idiozia di chi ha sbraitato fino all’altro ieri che, in caso di vittoria del sì, il popolo perderebbe parte della sua sovranità, può essere agevolmente zittita, ricordando che il popolo non ha mai avuto veramente alcuna voce in capitolo, mai e poi mai. I politicanti d’accatto che ci hanno governato nella prima e (ancor più) nella seconda repubblica, non hanno fatto altro che sfruttare la dabbenaggine dell’italiano medio, abbindolandolo in ogni modo possibile e immaginabile.

Pensate: qualche anno fa, abbiamo votato tipo plebiscito affinché l’acqua tornasse in gestione pubblica, e cosa è successo? Assolutamente nulla! E poi mi vengono a dire che se vincesse il sì, perdiamo la sovranità? Noi veniamo continuamente raggirati dalla politica, e ora anche dall’antipolitica, e andiamo avanti felici e contenti, inconsapevoli della catastrofe economica e sociale a cui siamo esposti, grazie a questi sapientoni che dicono di rappresentarci!

Agli eminenti professori costituzionalisti, gran parte dei quali, credo più per dovere professionale che non per intima convinzione, si sono schierati per il no, ricordo che tanti principi fondamentali del nostro stato vengono quotidianamente calpestati e brutalmente vilipesi sotto gli occhi di tutti (tanto per fare un esempio la tanto invocata trasparenza della Pubblica Amministrazione, che discende dall’art. 97 della Costituzione), eppure non mi pare di aver mai sentito la loro voce alzarsi tanto forte…

Tornando al referendum, per convincersi dell’amarissima (e costosissima) verità che alla fine cambierà ben poco, basta rivedere il modo in cui si è prima preparata la riforma, e poi si è sottoposta al referendum confermativo.

La riforma è stata scritta e discussa nell’apposita commissione e dopo due anni (ventiquattro mesi: ci si potevano abbondantemente fare due figli e mettere in cantiere un terzo!) è stata votata dal parlamento. Giusto perché non è stata raggiunta la maggioranza dei 2/3 alle votazioni delle due camere, si è dovuto indire il referendum confermativo. Altrimenti, il popolo sovrano – con buona pace di chi ne invoca una presunta diminuzione di potere – manco veniva minimamente coinvolto. Perché nelle cosiddette democrazie occidentali funziona così: il popolo elegge i suoi rappresentanti, e loro fanno le riforme, senza ma e senza forse. Se il popolo sconfessa quello che stabiliscono i rappresentanti che ha eletto c’è qualcosa di intimamente contraddittorio, no?

Comunque, una tirata d’orecchi va tanto a chi si è schierato con il sì, quanto a chi si è schierato per il no. I primi perché sono andati incautamente dicendo che la riforma non è la migliore che poteva essere fatta: un’affermazione che si commenta da sé, visto e considerato che ci hanno lavorato per due anni (lautamente pagati). A questo punto, potevano prendersi altri sei mesi e magari farla un po’ meglio, ed evitare così di esporsi a critiche (giuste o meno che siano state).

I secondi – quelli del no, altrettanto lautamente pagati – dov’erano quando quelli del sì scrivevano la riforma? Non sedevano forse nella stessa commissione parlamentare a discutere con quelli? Embé, non sapevano dire allora cosa non andava? C’era bisogno di fare tanta caciara dopo? In fin dei conti la riforma in parlamento non avrà raggiunto i 2/3, ma ha pur sempre raggiunto la maggioranza assoluta dei voti (50%+1). Se la matematica non è un’opinione – e per fortuna che almeno lei non lo è – da dove sono spuntati tutti quelli che dopo si sono sgolati a dirci che bisognava votare no?

Ora qualcuno di loro va dicendo che se vince il no, si siederanno tutti (vinti e vincitori) ad un tavolo, per scrivere una riforma più bella, più giusta, ancora più nuova. Ma stiamo scherzando? E noi buttiamo altri due anni (e magari anche più) dietro questi mentecatti?

E alla fine, dire sì o dire no a chi lo demandiamo? Al popolo sovrano che praticamente non sa altro che quello che gli si è voluto far sapere da una parte e dall’altra, cioè che sono poche sciocchezzuole (in particolare quelle sulla nuova composizione del senato) rispetto all’intera mole della riforma, che è ben più complessa e articolata. Cioè, a noi è toccato dire sì o no ad una cosa che poteva essere meglio di com’è, e che se non passa lascia tutto più o meno come è stato dal 1948 ad oggi.

C’è un piccolo dettaglio che tutti tacciono, quelli del sì e quelli del no: che tutto il referendum costa (al pari di ogni altra votazione) milioni di euro, che magari potevano servire per incentivare un po’ l’economia, o per esempio rendere meno disperata la situazione della sanità.

Pensate che popolo di deficienti siamo: se vince il sì, abbiamo sciupato milioni per una cosa che poteva venire meglio, per stessa ammissione di chi il sì lo ha sostenuto; se vince il no, abbiamo sciupato milioni per far rimanere le cose esattamente come stavano prima!

Mah…

Vincenzo Ruggiero Perrino

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Sacra Famiglia Episodio 11

SACRA FAMIGLIA

di Vincenzo Ruggiero Perrino

 

 

Episodio 11

Teatro di Sepphoris, anno 1 a. C.

Benché non sia ancora completamente ultimato, il teatro di Sepphoris viene comunque utilizzato per rappresentazioni di mimi e di altri tipi di spettacoli. E capita, talvolta, che le compagnie provino i loro pezzi teatrali – generalmente farse e parodie di antiche opere – mentre le maestranze lavorano alle rifiniture di gradinate e corridoi.

Giuseppe, insieme con altri operai, sta lavorando al teatro, e questa mattina ha portato con se Gesù, che era curioso di vedere un teatro romano, sebbene ancora non del tutto finito. Appena giunti, il ragazzo nota che sulla scena ci sono degli attori e delle attrici, che stanno facendo le prove di uno spettacolo che daranno quella sera stessa.

«Papà, chi sono quelle persone?», chiede entrando nell’arena.

«Credo facciano parte di una compagnia di mimi che gira per tutta la regione, rappresentando le sue storie», risponde Giuseppe.

«Posso andare a vedere che fanno?».

«Certo, ma non dare fastidio, perché penso si stiano preparando per la commedia che reciteranno stasera».

«Va bene».

Così, mentre Giuseppe raggiunge gli altri lavoratori per cominciare la giornata di lavoro, Gesù va verso la scena del teatro, si siede per terra e si concentra a seguire la storia che viene raccontata dagli attori.

Il più anziano di quelli richiama gli altri:

«Forza, pelandroni, in scena. Riprendiamo da dove avevamo interrotto poco fa!».

«Flavio, eravamo arrivati al punto in cui il figlio più giovane dice ai genitori che vuole andare via», dice un altro attore più giovane, rivolto a quello più anziano.

«Su, allora, recita la tua battuta!».

L’attore più giovane si sistema in quasi al centro della scena, e rivolto all’uomo e alla donna che interpretano i suoi genitori esclama: «Padre, madre, ascoltate ciò che ho da dirvi. Sono giovane e ho voglia di conoscere il mondo. Perciò, caro padre, dammi la parte dei beni che mi spetta, così che io possa partire».

La madre recita: «Figlio mio, dove vuoi andare? Sei ancora troppo giovane per lasciare i tuoi genitori e la tua casa!».

E il padre: «E soprattutto, perché io dovrei darti i miei beni? Quando morirò saranno tuoi, maledetto sciacallo!».

Il ragazzo assumendo un’espressione di scherno, e volgendosi verso la zona del pubblico: «Padre, mi sono già informato dal pretore. Meglio per te che mi dia la mia parte di beni, altrimenti te la dovrai vedere con le guardie!».

«Se le cose stanno così, dividerò tra te e tuo fratello le mie sostanze».

A questo punto, Gesù si accorge che gli attori non stanno più recitando, perché nuovamente prende la parola l’attore più anziano, quello che poco prima l’altro aveva chiamato Flavio, che dice: «Bene, questa parte va bene così! Adesso proviamo la scena seguente. Fate entrare le attrici!».

Tuttavia, l’attore giovane fa notare: «Ehi Flavio, forse non è il caso di far entrare le attrici, c’è un ragazzino che ci guarda!». Infatti, in quel momento della rappresentazione le attrici sarebbero dovute entrare in scena quasi completamente nude, e proporre una scena di danza, come generalmente si usa nei teatri romani di questo tempo.

Quel Flavio si volta verso la cavea del teatro e scorge Gesù, che se ne sta seduto a guardare le prove.

«Ehi, tu, ragazzino, che ci fai qui?», gli chiede dalla scena.

«Sono venuto con mio padre che lavora qui. Vi stavo guardando recitare… Sembra una storia interessante, ed ero curioso di vedere come andava a finire», risponde lui.

«Veramente tu non potresti stare qui. Non credo siano spettacoli adatti ad un ragazzino della tua età!».

«Dici?».

«Beh non sono cose particolarmente “pure”», precisa lui, mentre tutti scoppiano a ridere.

«Io credo che non bisogna preoccuparsi di ciò che dall’esterno entra dentro i nostri cuori e le nostre menti, quanto piuttosto di quello che ne esca fuori».

La risata di tutti si spezza, e quello resta un attimo perplesso. Poi, rivolto agli altri, fa: «Facciamo così: proviamo la scena finale; poi dopo, quando il ragazzo se ne sarà andato, facciamo la scena con le attrici».

«Dunque, continuate?», chiede Gesù.

«Ecco! Ora ti faremo vedere il finale della storia. Poi, tornerai da tuo padre», risponde Flavio.

«Va bene».

Gli attori prendono posto sulla scena. Flavio cerca di riassumere gli eventi, affinché il loro piccolo spettatore possa comprendere meglio il finale:

«Dunque, in questa storia, dopo aver fatto vedere una scena domestica di una famiglia come tante, presentiamo un figlio, che, desideroso di fare le sue esperienze per il mondo, chiede al padre di dargli la parte di eredità che gli spetta… E sarebbe la scena che hai visto prima… Poi, se ne va in giro a sperperare tutto… Quando ha finito i soldi che aveva ricevuto, frequentando alcune donne – che era la scena che stavamo per provare prima e che faremo dopo – torna a casa, chiedendo perdono ai suoi genitori…».

E così la recita riprende.

L’attore giovane si porta verso il bordo della scena e, assumendo un’espressione contristata, declama a gran voce: «Quanti lavoratori salariati di mio padre hanno pane in abbondanza, io invece muoio di fame! Devo risolvere questa cosa. Andrò da mio padre e da mia madre, e dirò loro: “Padre, madre, ho peccato contro il cielo e davanti a voi; vi prego di riaccogliermi in casa, anche come semplice lavoratore”. Poi, quelli si commuoveranno e mi ridaranno il posto che mi compete… Altro che lavoratore!».

Così, la scena prosegue: l’attore giovane va davanti ai genitori e pronuncia a loro le battute dette poc’anzi.

Il padre, seduto, ascolta il discorsetto del figlio e poi dice: «Prima sei venuto a chiedermi i miei soldi in eredità prima ancora che io e tua madre fossimo morti! Poi, hai sperperato tutto quello che ti avevo dato, e non era poco! Ora, hai pure la faccia tosta di venire qui a chiedere perdono?». Poi, chiamando un servo dice: «Ehi tu, portami il bastone più duro che abbiamo, che questo svergognato deve avere una bella lezione!».

«Padre, ma non sei contento che io sia tornato sano e salvo da te?».

«No!».

Il padre preso il bastone comincia a rincorrere il figlio per la scena colpendolo ripetute volte. In quella entra in scena un altro attore, che impersona il fratello del malcapitato e chiede:

«Che succede qui?».

Gli risponde il servo: «È tornato tuo fratello a chiedere perdono e tuo padre lo sta perdonando… alla sua maniera…».

«Ah bene! Magari voleva farsi dare qualche altra cosa di soldi, prelevandoli dalla mia parte di eredità. Fai una cosa, porta un bastone pure a me, che gli do volentieri la mia parte!».

E così la scena del mimo finisce con il giovane picchiato dal padre e dal fratello.

Quando gli attori finiscono di recitare, Flavio si volge verso Gesù, convinto di trovarlo a ridere a crepapelle, come qualsiasi spettatore farebbe per una scena del genere. Invece, quello se ne sta serio serio a riflettere.

«Ehi, ragazzo, tutto bene? Abbiamo finito».

«Beh, sì, l’avevo capito che la storia era finita».

«E, allora, perché non ridi?».

«Perché mi sembra molto irreale come storia».

«Irreale? Ma se di figli come quello della nostra storia ce ne sono a migliaia in tutto il territorio dell’impero!».

«Infatti, io non dico che il personaggio del figlio non sia reale, ma quello del padre…».

«Cioè?», chiedono quasi in coro gli attori che sono sulla scena.

«Io non penso che la reazione del padre sia quella che si verificherebbe nella realtà… Cioè, la vostra trovata è sicuramente comica, e sono certo che stasera farà ridere un sacco di gente… Ma, ragazzi, parliamoci chiaro, se un vostro figlio se ne andasse via e vivesse una vita dissoluta, e se poi quello decidesse di tornare, voi non lo accogliereste nuovamente con gioia? Non fareste festa per il figlio che credevate perduto per sempre, che invece ritorna da voi chiedendovi di perdonarlo e di accettarlo di nuovo in casa?».

Gli attori, che vengono raggiunti anche dalle attrici rivestitesi, si guardano un po’ stupiti dalle parole di quel Gesù. Prende, poi, la parola Flavio:

«Ragazzo, io credo che tu abbia proprio ragione… La nostra trovata è divertente, fatta apposta per far scompisciare il pubblico… ma tu hai visto giusto: il padre dovrebbe abbracciare e perdonare il figlio e fare festa perché lo ha riavuto sano e salvo…».

Poi, dice ai suoi colleghi: «Ascoltatemi, stasera proviamo una modifica al nostro copione. Tanto, lo modifichiamo tutte le sere: tentar non nuoce. Proviamo a cambiare il finale come ha detto il piccoletto, e vediamo se il pubblico apprezza».

«Bene: voi continuate il vostro spettacolo, io ritorno da mio padre».

«Grazie del suggerimento per la nostra storiella… Forse, modificando il finale, avrà ancora più successo».

«Sì, sono sicuro, che anche tra una trentina di anni, questa storia sarà conosciuta in tutta la regione…».

«Secondo me, tra qualche anno, diventerai un bravo raccontatore di storie…».

«Ci stavo pensando anche io. Racconterò delle belle storie per far capire un po’ di cose importanti alle persone».

«Quando sarai famoso, verrò ad ascoltarti ovunque tu sia…».

«Va bene, Flavio, ma fino ad allora, non smettere di raccontarle tu, delle belle storie che insegnino qualcosa alle persone…».

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Il Serpente Prudente – Imparare a morire

n. 11 (28/11/2016)

“Imparare a morire

Ci avete fatto caso? Il rapporto con “nostra sora morte corporale” degli uomini di questo tempo si è attestato su un duplice versante. Da una parte c’è chi vuole morire a tutti i costi, tanto da invocare un proprio “diritto a morire”, a rifiutare le cure per se e per i suoi, in nome di una presunta dignità umana. Cosa ci sarà di dignitoso nel morire di propria spontanea volontà non mi è tanto chiaro, nemmeno quando si è ridotti a poco più di un vegetale.

Da un’altra parte ci sono invece quelli che non si rassegnano alla naturale evidenza che è da sempre il minimo comune denominatore di qualsiasi forma di vita, e cioè che prima o poi bisogna morire. E allora ecco che ci si è inventati una soluzione, al momento ancora in odore di fantascienza (ancorché largamente sperimentata): l’ibernazione.

Se prendiamo un qualsiasi dizionario, scopriamo che la parola “ibernazione” deriva dal latino “hibernare”, cioè “ritirarsi per svernare”, e in biologia indica la riduzione al minimo delle funzioni vitali per favorire la sopravvivenza. Diciamo che può essere assimilata al letargo negli animali.

In realtà la pratica viene utilizzata in via preventiva già da un po’: in particolari interventi chirurgici (specie cardiologici), si abbassa artificialmente la temperatura del corpo; oppure gli organi da trapiantare vengono conservati a temperature molto basse (ma non al punto di congelamento); invece l’ibernazione in azoto liquido (più correttamente definibile come crioconservazione), è usata per la conservazione di spermatozoi ed embrioni umani (cosa che in realtà era già stata pensata alla fine del Settecento).

Ibernare un corpo umano intero è il frutto della fantasia narrativa degli scrittori di fantascienza: il trucco è ibernare un individuo prima che muoia, per evitarne la morte, generalmente per un male incurabile, e tenerlo sotto ghiaccio finché non si trovi una cura per quel male, trovata la quale, lo si risveglia, lo si cura, e quello campa un altro pochino.

Gli scienziati, però, anziché dedicarsi a come rendere migliore la vita degli uomini, hanno pensato bene di rendere reale l’espediente letterario dell’ibernazione, con una sottile ma significativa differenza: si conservano cadaveri e non corpi ancora vivi…

Attualmente ci sono tre società in tutto il mondo che effettuano un servizio di ibernazione di cadaveri; presso di esse ci sono circa 300 corpi, che vengono conservati nell’azoto liquido, alla modica cifra di circa duecentomila euro (ottantamila per chi vuole preservare dalla corruzione del sepolcro solo la proprio testa…). Codesti scienziati (ammesso che abbia senso chiamarli così) sostengono che in un futuro (chissà se prossimo o remoto) dovrebbe essere possibile sviluppare una tecnologia in grado di ripristinare completamente le funzioni vitali dei corpi ibernati, non determinando la durata del congelamento un invecchiamento cellulare. In altre parole, anche se uno resta congelato trent’anni, al risveglio avrebbe sempre l’età di quando è stato congelato. Tuttavia, per i taccagni disposti a sborsare solo ottantamila euro per conservare unicamente la testa, non è chiaro come faranno a riattaccarla al corpo, che nel frattempo sarà un mucchietto di polvere…

Ora, al di là del dato giuridico, che affronterò tra un attimo, faccio una riflessione logica, che parte anche dai fatti di cronaca di questi giorni, nei quali una 14enne inglese, affetta da una malattia incurabile, ha fatto istanza alla Suprema Corte per essere autorizzata a farsi ibernare dopo morta. Infatti, passata a miglior vita la ragazzina, i giudici di Sua Maestà hanno acconsentito all’ibernazione.

In primo luogo, che senso ha morire prima e poi farsi ibernare? Per quanto vogliano impegnarsi i nostri sedicenti scienziati, immagino sia alquanto difficile trovare un sistema scientificamente valido per far risuscitare qualcuno. Non a caso, a parte i miracoli di Gesù, in nessuna cronaca conservata ci è giunta notizia di qualcuno che è ritornato in vita dopo essere stato dichiarato biologicamente morto. E la cosa vale tanto per gli umani, quanto per ogni altra forma di vita animale o vegetale.

In secondo luogo, ammesso che un giorno si renda possibile ibernare un corpo vivo (e conservarlo senza gli svantaggi attualmente denunciati da scienziati più coscienziosi, tipo che le cellule comunque si rovinano restando lungo tempo ad una tanto prolungata temperatura bassa), e conservarlo in attesa che sia trovata una cura per il male che lo ha colpito, quando lo si risveglierà dopo 30-40 anni, che vita potrà mai vivere quella persona? Tutti i suoi amici saranno probabilmente morti o comunque invecchiati; l’assetto sociale e politico del suo Paese potrà essere cambiato drasticamente; non è detto che nel frattempo non si sia sviluppato qualche altro male incurabile, che lo colpirà; con quali soldi pagherà la cura, considerato che nel frattempo non ha lavorato e quindi guadagnato?

Eticamente, ci si chiede se sia giusto o meno dedicarsi ad una pratica del genere. Se lo si fa per conservare un cadavere, in una forma diversa ma concettualmente simile a quella che usavano i faraoni che si facevano mummificare, non mi pare ci siano tanti problemi. Già conservare un corpo vivo – cosa che al momento credo sia non solo impossibile, ma anche vietata – la prospettiva cambia…

Giuridicamente, che roba è? Sono da considerarsi vivi o morti? Chi pagherebbe le tasse per questa gente? Sarebbero – un po’ come i nascituri – titolari di qualche diritto successorio? Se il corpo si distrugge per un qualsiasi motivo, la società è perseguibile per vilipendio di cadavere? E se la società fallisce, i cadaveri vanno in una fossa comune?

Insomma: l’ibernazione (di cadaveri o gente moribonda) crea più problemi di quanti non ne risolva, e oltretutto costa un occhio della testa. Perciò, tanto a quelli che vogliono morire a tutti i costi, quanto a quelli che non vogliono morire a nessun costo, dico: ma piuttosto che stare a rovinarsi le giornate pensando alla morte, ma perché non pensano a campare un po’ meglio? Quanto ci è dato da vivere? Venti, trenta, settanta, centodieci anni? Bene, quanto che sia il tempo da vivere, almeno facciamo in modo che sia una vita dignitosa ed onesta e non angustiata da ogni sorta di negatività. Altrimenti, che diamine racconteremo quando saremo all’altro mondo?

Vincenzo Ruggiero Perrino

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