SACRA FAMIGLIA
di Vincenzo Ruggiero Perrino
Episodio 11
Teatro di Sepphoris, anno 1 a. C.
Benché non sia ancora completamente ultimato, il teatro di Sepphoris viene comunque utilizzato per rappresentazioni di mimi e di altri tipi di spettacoli. E capita, talvolta, che le compagnie provino i loro pezzi teatrali – generalmente farse e parodie di antiche opere – mentre le maestranze lavorano alle rifiniture di gradinate e corridoi.
Giuseppe, insieme con altri operai, sta lavorando al teatro, e questa mattina ha portato con se Gesù, che era curioso di vedere un teatro romano, sebbene ancora non del tutto finito. Appena giunti, il ragazzo nota che sulla scena ci sono degli attori e delle attrici, che stanno facendo le prove di uno spettacolo che daranno quella sera stessa.
«Papà, chi sono quelle persone?», chiede entrando nell’arena.
«Credo facciano parte di una compagnia di mimi che gira per tutta la regione, rappresentando le sue storie», risponde Giuseppe.
«Posso andare a vedere che fanno?».
«Certo, ma non dare fastidio, perché penso si stiano preparando per la commedia che reciteranno stasera».
«Va bene».
Così, mentre Giuseppe raggiunge gli altri lavoratori per cominciare la giornata di lavoro, Gesù va verso la scena del teatro, si siede per terra e si concentra a seguire la storia che viene raccontata dagli attori.
Il più anziano di quelli richiama gli altri:
«Forza, pelandroni, in scena. Riprendiamo da dove avevamo interrotto poco fa!».
«Flavio, eravamo arrivati al punto in cui il figlio più giovane dice ai genitori che vuole andare via», dice un altro attore più giovane, rivolto a quello più anziano.
«Su, allora, recita la tua battuta!».
L’attore più giovane si sistema in quasi al centro della scena, e rivolto all’uomo e alla donna che interpretano i suoi genitori esclama: «Padre, madre, ascoltate ciò che ho da dirvi. Sono giovane e ho voglia di conoscere il mondo. Perciò, caro padre, dammi la parte dei beni che mi spetta, così che io possa partire».
La madre recita: «Figlio mio, dove vuoi andare? Sei ancora troppo giovane per lasciare i tuoi genitori e la tua casa!».
E il padre: «E soprattutto, perché io dovrei darti i miei beni? Quando morirò saranno tuoi, maledetto sciacallo!».
Il ragazzo assumendo un’espressione di scherno, e volgendosi verso la zona del pubblico: «Padre, mi sono già informato dal pretore. Meglio per te che mi dia la mia parte di beni, altrimenti te la dovrai vedere con le guardie!».
«Se le cose stanno così, dividerò tra te e tuo fratello le mie sostanze».
A questo punto, Gesù si accorge che gli attori non stanno più recitando, perché nuovamente prende la parola l’attore più anziano, quello che poco prima l’altro aveva chiamato Flavio, che dice: «Bene, questa parte va bene così! Adesso proviamo la scena seguente. Fate entrare le attrici!».
Tuttavia, l’attore giovane fa notare: «Ehi Flavio, forse non è il caso di far entrare le attrici, c’è un ragazzino che ci guarda!». Infatti, in quel momento della rappresentazione le attrici sarebbero dovute entrare in scena quasi completamente nude, e proporre una scena di danza, come generalmente si usa nei teatri romani di questo tempo.
Quel Flavio si volta verso la cavea del teatro e scorge Gesù, che se ne sta seduto a guardare le prove.
«Ehi, tu, ragazzino, che ci fai qui?», gli chiede dalla scena.
«Sono venuto con mio padre che lavora qui. Vi stavo guardando recitare… Sembra una storia interessante, ed ero curioso di vedere come andava a finire», risponde lui.
«Veramente tu non potresti stare qui. Non credo siano spettacoli adatti ad un ragazzino della tua età!».
«Dici?».
«Beh non sono cose particolarmente “pure”», precisa lui, mentre tutti scoppiano a ridere.
«Io credo che non bisogna preoccuparsi di ciò che dall’esterno entra dentro i nostri cuori e le nostre menti, quanto piuttosto di quello che ne esca fuori».
La risata di tutti si spezza, e quello resta un attimo perplesso. Poi, rivolto agli altri, fa: «Facciamo così: proviamo la scena finale; poi dopo, quando il ragazzo se ne sarà andato, facciamo la scena con le attrici».
«Dunque, continuate?», chiede Gesù.
«Ecco! Ora ti faremo vedere il finale della storia. Poi, tornerai da tuo padre», risponde Flavio.
«Va bene».
Gli attori prendono posto sulla scena. Flavio cerca di riassumere gli eventi, affinché il loro piccolo spettatore possa comprendere meglio il finale:
«Dunque, in questa storia, dopo aver fatto vedere una scena domestica di una famiglia come tante, presentiamo un figlio, che, desideroso di fare le sue esperienze per il mondo, chiede al padre di dargli la parte di eredità che gli spetta… E sarebbe la scena che hai visto prima… Poi, se ne va in giro a sperperare tutto… Quando ha finito i soldi che aveva ricevuto, frequentando alcune donne – che era la scena che stavamo per provare prima e che faremo dopo – torna a casa, chiedendo perdono ai suoi genitori…».
E così la recita riprende.
L’attore giovane si porta verso il bordo della scena e, assumendo un’espressione contristata, declama a gran voce: «Quanti lavoratori salariati di mio padre hanno pane in abbondanza, io invece muoio di fame! Devo risolvere questa cosa. Andrò da mio padre e da mia madre, e dirò loro: “Padre, madre, ho peccato contro il cielo e davanti a voi; vi prego di riaccogliermi in casa, anche come semplice lavoratore”. Poi, quelli si commuoveranno e mi ridaranno il posto che mi compete… Altro che lavoratore!».
Così, la scena prosegue: l’attore giovane va davanti ai genitori e pronuncia a loro le battute dette poc’anzi.
Il padre, seduto, ascolta il discorsetto del figlio e poi dice: «Prima sei venuto a chiedermi i miei soldi in eredità prima ancora che io e tua madre fossimo morti! Poi, hai sperperato tutto quello che ti avevo dato, e non era poco! Ora, hai pure la faccia tosta di venire qui a chiedere perdono?». Poi, chiamando un servo dice: «Ehi tu, portami il bastone più duro che abbiamo, che questo svergognato deve avere una bella lezione!».
«Padre, ma non sei contento che io sia tornato sano e salvo da te?».
«No!».
Il padre preso il bastone comincia a rincorrere il figlio per la scena colpendolo ripetute volte. In quella entra in scena un altro attore, che impersona il fratello del malcapitato e chiede:
«Che succede qui?».
Gli risponde il servo: «È tornato tuo fratello a chiedere perdono e tuo padre lo sta perdonando… alla sua maniera…».
«Ah bene! Magari voleva farsi dare qualche altra cosa di soldi, prelevandoli dalla mia parte di eredità. Fai una cosa, porta un bastone pure a me, che gli do volentieri la mia parte!».
E così la scena del mimo finisce con il giovane picchiato dal padre e dal fratello.
Quando gli attori finiscono di recitare, Flavio si volge verso Gesù, convinto di trovarlo a ridere a crepapelle, come qualsiasi spettatore farebbe per una scena del genere. Invece, quello se ne sta serio serio a riflettere.
«Ehi, ragazzo, tutto bene? Abbiamo finito».
«Beh, sì, l’avevo capito che la storia era finita».
«E, allora, perché non ridi?».
«Perché mi sembra molto irreale come storia».
«Irreale? Ma se di figli come quello della nostra storia ce ne sono a migliaia in tutto il territorio dell’impero!».
«Infatti, io non dico che il personaggio del figlio non sia reale, ma quello del padre…».
«Cioè?», chiedono quasi in coro gli attori che sono sulla scena.
«Io non penso che la reazione del padre sia quella che si verificherebbe nella realtà… Cioè, la vostra trovata è sicuramente comica, e sono certo che stasera farà ridere un sacco di gente… Ma, ragazzi, parliamoci chiaro, se un vostro figlio se ne andasse via e vivesse una vita dissoluta, e se poi quello decidesse di tornare, voi non lo accogliereste nuovamente con gioia? Non fareste festa per il figlio che credevate perduto per sempre, che invece ritorna da voi chiedendovi di perdonarlo e di accettarlo di nuovo in casa?».
Gli attori, che vengono raggiunti anche dalle attrici rivestitesi, si guardano un po’ stupiti dalle parole di quel Gesù. Prende, poi, la parola Flavio:
«Ragazzo, io credo che tu abbia proprio ragione… La nostra trovata è divertente, fatta apposta per far scompisciare il pubblico… ma tu hai visto giusto: il padre dovrebbe abbracciare e perdonare il figlio e fare festa perché lo ha riavuto sano e salvo…».
Poi, dice ai suoi colleghi: «Ascoltatemi, stasera proviamo una modifica al nostro copione. Tanto, lo modifichiamo tutte le sere: tentar non nuoce. Proviamo a cambiare il finale come ha detto il piccoletto, e vediamo se il pubblico apprezza».
«Bene: voi continuate il vostro spettacolo, io ritorno da mio padre».
«Grazie del suggerimento per la nostra storiella… Forse, modificando il finale, avrà ancora più successo».
«Sì, sono sicuro, che anche tra una trentina di anni, questa storia sarà conosciuta in tutta la regione…».
«Secondo me, tra qualche anno, diventerai un bravo raccontatore di storie…».
«Ci stavo pensando anche io. Racconterò delle belle storie per far capire un po’ di cose importanti alle persone».
«Quando sarai famoso, verrò ad ascoltarti ovunque tu sia…».
«Va bene, Flavio, ma fino ad allora, non smettere di raccontarle tu, delle belle storie che insegnino qualcosa alle persone…».